sabato 24 maggio 2014

X-Men - Giorni di un futuro passato di Bryan Singer


Bryan Singer ci sa fare con il cinema. E' un dato di fatto. Seppur tra alti e bassi, un regista in grado di sfornare una pellicola come "I soliti sospetti" non può essere uno qualunque. Se poi si restringe il campo ai supereroi - o meglio alle vicende degli X-Men - il giudizio non può che essere positivo. E' lui infatti l'autore e lo sceneggiatore degli apprezzati "X-Men", "X-Men 2" e del sorprendente "X-Men - L'inizio". Non è un caso infatti che il film peggiore della saga sia "X-Men - Conflitto finale", l'unico dove Singer non ha avuto voce in capitolo. E' quindi normale che le aspettative verso questa nuova pellicola fossero alte. Specialmente viste le premesse narrative.
In un prossimo futuro cupo e distopico, giganteschi robot conosciuti come Sentinelle sterminano senza pietà mutanti e umani a loro amici. I pochi sopravvissuti passano da un nascondiglio all'altro e ogni giorno rischiano di essere uccisi. Su richiesta di Professor X e di Magneto, il gruppo si riunisce per un'ultima strenua resistenza mentre Kitty Pride utilizza il suo potere per mandare Wolverine nel 1973. Il suo obbiettivo è impedire che il progetto Sentinelle del dottor Bolivar Trask possa iniziare e portare umani e mutanti all'estinzione.
Uno dei due più grossi difetti dei cine-comic - che spesso poi ne causano il fallimento - è il prendersi poco sul serio ("Iron Man"). L'altro è il mettere troppa carne al fuoco, con l'inserimento di un numero esagerato di spunti senza che nessuno di questi venga sviluppato a dovere (il recentissimo "The Amazing Spider-Man 2"). Sono felice di dire che "X-Men - Giorni di un futuro passato" evita saggiamente di cadere in queste due problematiche e mette in piedi un intreccio narrativo coi fiocchi, ricco di colpi di scena e salti temporali. Così come è avvenuto con l'eccellente "Captain America - The Winter Soldier", anche qui si è deciso di rivolgere maggiore attenzione alla sceneggiatura che all'azione pura, evitando la proverbiale caciara, con botte ed effetti speciali a farla da padroni. Tolti gli insopportabili 10/15 minuti di commedia con QuickSilver, i toni sono più dramma che da classico cine-comic e anche le immagini mostrate sono più adulte. A tal proposito la sequenza dell'attacco delle Sentinelle al rifugio dei sopravvissuti è davvero sensazionale. A questo va aggiunta anche una valida ricostruzione storica anche se ho di gran lunga preferito l'atmosfera del precedente capitolo, più credibile e vintage. Sul fronte personaggi, sia lo spettatore occasionale che l'appassionato di fumetti non può che ritenersi soddisfatto, visto il gran numero di X-Men presenti, anche se a farla da padroni sono sicuramente Wolverine, Charles Xavier, Magneto e Mystica. Avevo qualche remore su Hugh Jackman ma in fin dei conti se la cava piuttosto bene. I suoi comprimari (James McAvoy, Michael Fassbender e la splendida Jennifer Lawrence) sono ovviamente di ben altra stoffa e lo si vede. Per quanto riguarda gli effetti speciali è quasi inutile dire che sono allo stato dell'arte e alcune sequenze sono da togliere il fiato.
In introduzione dicevo che Bryan Singer ci sa fare con il cinema e con l'universo degli X-Men. E "X-Men - Giorni di un futuro passato" ne è l'ennesima riprova. Film eccellente sotto molti aspetti che quasi raggiunge il livello dell'ultimo Cap America e che porta con sé una serie di cambiamenti epocali sull'universo dei mutanti. Per fortuna Singer sarà ancora al timone. L'appuntamento è per il 2016 con "X-Men - Apocalypse".

sabato 3 maggio 2014

The Amazing Spider-Man 2: Il potere di Electro di Marc Webb


Dopo il disastroso terzo film della saga firmata da Sam Raimi, il brand di Spider-Man è rimasto fermo per alcuni anni. Giusto il tempo per dimenticare l'insopportabile volto Tobey Maguire e nel 2012 viene rilasciato "The Amazing Spider-Man" che costituisce allo stesso tempo un reboot cinematografico e una visione particolare del personaggio, essendo ispirato ad una saga particolare di fumetti (se non erro, la Ultimate). La regia viene affidata a Marc Webb, che nel 2009 aveva stupito tutti con la spendida commedia romantica "(500) giorni insieme". Il successo di pubblico è enorme e anche la critica ne riconosce gli indiscutibili pregi e lo promuove. Sulle ali dell'entusiasmo, la Sony annuncia non uno ma addirittura tre seguiti, a rilascio annuale. Il 2014 è l'anno del secondo.
In seguito alla vittoria contro Lizard, Spider-Man esce dall'ombra e ogni giorno è impegnato a combattere il crimine a fianco della polizia. Sempre più tormentato dalla promessa fatta in punto di morte al capitano George Stacy però, decide di dare un taglio alla sua relazione con Gwen. Durante l'inseguimento di un criminale russo che ha rubato del Plutonio, Peter salva miracolosamente da morte certa Max Dillon, un solitario e frustrato impiegato della Oscorp. Successivamente, durante un controllo al sistema elettrico di una struttura, Max diviene vittima di un terribile incidente che lo trasforma in un essere unicamente costituito di energia, Electro. Sotto questa forma si manifesta al mondo e tocca a Spider-Man intervenire. Allo stesso torna in città Harry Osborn, figlio di Norman, che manifesta la stessa malattia degenerativa del padre ed è deciso ad evitare la morte ad ogni costo.
Quando si cerca di strafare - e lo "Spider-Man 3" di S. Raimi è lì a ricordarcelo - il rischio di fare un fiasco è dietro l'angolo. Di questo evidentemente non se sono resi conto gli sceneggiatori e il regista dato che, malgrado sia ben lungi da essere un disastro, "The Amazing Spider-Man 2" è una delusione. Parziale, certo, ma pur sempre una delusione. D'altronde quando si cerca di comprimere in 140 minuti eventi che avrebbero potuto e dovuto essere trattati in due film di eguale durata non può essere altrimenti. Insomma siamo di fronte al classico esempio di troppa carne al fuoco. E lo dico a malincuore, poiché il nuovo approccio all'Uomo-Ragno mi piace e ho apprezzato il primo capitolo della nuova serie, con il suo misto tra azione, fantascienza e romanticismo. Qui però ci sono troppi eventi, troppi personaggi e troppe tematiche e nessuno di questi aspetti e trattato in maniera sufficiente. Il conflitto interiore Peter Parker/Spider-Man, lo scontro con Electro, la nascita e la discesa in campo di Goblin, la storia d'amore con Gwen Stacy (che alterna momenti imbarazzanti ad altri stupendi), il segreto della scomparsa dei genitori e addirittura l'elaborazione di un lutto: tutti temi che meriterebbero quasi un film a sè ma che qui vengono inseriti uno dopo l'altro senza sosta e senza la possibilità di essere sviscerati a dovere. E questo purtroppo non può che dare una generale sensazione di incompletezza e di confusione, oltre che l'impressione di una grande occasione mancata. E lo è ancor di più se si considera che gli altri aspetti del film sono pienamente riusciti. Dagli attori alla regia. Dal punto di vista visivo poi, la pellicola è una vera e propria gioia per gli occhi, con i suoi colori vivi, la sua fotografia molto pulita e nitida (che richiama un po' i fumetti) e ovviamente con i suoi sensazionali effetti speciali.
L'espressione che meglio definisce "The Amazing Spider-Man 2" è, come ho già detto, occasione mancata. E' naturale che paghi anche il fatto di essere uscito troppo in prossimità di quello che è uno dei migliori comic-movie mai realizzati ( mi riferisco ovviamente a "Captain America: The Winter Soldier") ma il pasticcio combinato a livello di sceneggiatura è notevole e le meraviglie visive riescono a porvi rimedio solo in parte. Peccato.

sabato 5 aprile 2014

Captain America: The Winter Soldier di Anthony e Joe Russo


Il primo episodio di Capitan America mi era piaciuto: onesto film di intrattenimento che aveva tutto quello che un fan di Steve Rogers - come il sottoscritto - poteva desiderare. Il periodo era quello della Seconda Guerra Mondiale, la minaccia era la Germania nazista e questo ha forse permesso che anche gente non avvezza al mondo dei supereroi potesse apprezzare la pellicola. Dopo la non disprezzabile parentesi di "The Avengers", Cap ha finalmente il suo secondo film. In questo caso la direzione èstata affidata ai fratelli Russo, due perfetti sconosciuto a livello assoluto e non solo ai Marvel-fan. E, visto il risultato ottenuto e paragonandolo ai film di Iron Man o di Thor, il lavoro svolto è senz'altro ancora più apprezzabile. Perchè, lo dico subito, "The Winter Soldier" è una vera e propria bomba.
Dopo i fatti di New York narrati nel già citato "The Avengers", lo Shield ha deciso di adottare delle contromisure. Per questo è stato istitutito il progetto Insight, che prevede l'utilizzo di tre giganteschi helicarrier con il compito di sorvolare il globo ed eliminare preventivamente le minacce terroristiche. Proprio quando tale progetto è pronto al lancio, Nick Fury viene attaccato, lo Shield compromesso e Cap America e la Vedova Nera divengono i ricercati numero uno. Sulle loro tracce viene spedito lo spietato e infallibile killer chiamato Soldato d'Inverno.
Che fosse l'ennesimo film campione di incassi era scontato. Così come l'enorme successo di pubblico che sta ottenendo. La larga approvazione da parte della critica invece è una cosa che sinceramente non mi aspettavo. Al termine della visione però non può essere che così. Si tratta di una delle migliori trasposizione cinematografiche da fumetto, sia per qualità della sceneggiatura sia per la fedeltà alla fonte. Ci sono diverse cose che sono state cambiate - come è giusto che sia - ma da lettore accanito delle avventure di Cap non posso che ritenermi soddisfatto. Al posto dell'ennesima buffonata che non si prende sul serio nemmeno nelle scene più tragiche, infarcita di battutine da cabaret e grossolane esagerazioni (qui Iron Man regna incotrastato), il taglio dato a "The Winter Soldier" è decisamente più serio: più che il classico action movie, il film può essere a tratti considerato una spy-story che richiama, come qualcuno ha giustamente ricordato, i mai troppo lodati film di Jason Bourne, specialmente quelli diretti dal grande Paul Greengrass. La scena inziale dell'attacco alla nave sotto questo aspetto è da manuale. Il tono è più consono al dramma che alla commedia e per una volta i cattivi sono veramente cattivi, le loro azioni hanno seriamente delle conseguenza e i loro ideali sono credibile e diversi dal classico "Annientiamo l'umanità intera! Saremo i nuovi tiranni!". Anche la decisione di affiancare Cap dalla Vedova Nera non poteva essere più azzeccata. Verso il finale entra in gioco anche Falcon e il ritmo si fa più da action movie, sino all'immancabile battaglia finale in cui a farla da padroni sono gli effetti speciali, con esplosioni colossali e botte da orbi. Ma questo da un prodotto Marvel più che aspettarselo è giusto pretenderlo. Oltre al fatto che è la giusta conclusione di un struttura molto ben congegnata. Sul fronte dei personaggi, oltre a quelli citati, è giusto ricordare Alexander Pierce, interpretato dall'icona Robert Redford, e ovviamente il Soldato d'Inverno, la nemesi perfetta di Cap.
In conclusione non posso che consigliare a tutti di dedicare due ore alla visione di questo nuovo film Marvel, sicuro che ne rimarrete pienamente soddisfatti quanto me. Finalmente!

Ricordo che ci sono due scene extra alla fine. Non andatevene via sino al termine dei titoli di coda!

mercoledì 2 aprile 2014

Her - Lei di Spike Jonze


Devo ammettere di non essere un conoscitore di Spike Jonze. So che viene dal mondo dei video musicali e dei corti e so chi ha relizzato pellicole del calibro di "Essere John Malkovich" e "Il ladro di orchidee" ma purtroppo non ho mai visto un suo lavoro. E' quindi con una certa curiosità che mi sono avvicinato ad "Her", pellicola vincitrice di molti premi tra cui l'Oscar e il Golden Globe per la miglior sceneggiatura originale. Non proprio riconoscimenti di poco conto.
In un futuro molto prossimo, in una città a metà tra Los Angeles e Tokyo, la tecnologia ha compiuto notevoli passi in avanti. Theodore Twombly si guadagna da vivere come scrittore - o meglio dettatore - di lettere d'amore, aiutando fidanzati, mariti e famigliari a esprimere affetto per i loro cari. E' un uomo solo ed introverso che non si è mai ripreso dalla separazioni con la moglie, a cui ha dedicato tutto l'amore di cui era capace. Per tale motivo non riesce ad instaurare alcun rapporto serio e duraturo con una donna. La sua vita cambia radicalmente quando viene lanciato un nuovo sistema operativo, dotato di una IA avanzatissima, in grado di interfacciarsi attivamente con l'utente, di seguirlo nella vita di tutti i giorni e forse di essere qualcosa di più.
E' raro vedere soddisfatte le proprie aspettative, specie quando sono alte. Eppure ogni tanto succede e sono felice di dire che "Her" è proprio uno di questi casi. Un riuscito mix di dramma e commedia in chiave romantico-fantascientifica, messo in scena con sapienza ed interpretato a meraviglia da un grande Joaquin Phoenix che regge praticamente da solo la scena per oltre due ore.
A chiunque osservi il film anche solo con superficialità non potrà sfuggire come l'intera vicenda sia lo specchio della deriva della nostra generazione, dove gli smartphone sono parte integrante e necessaria della nostra vita, dove i social network hanno sostituito le amicizie, dove i rapporti umani veri diminuiscono sempre di più. E in questo contesto l'amore tra un uomo e una macchina non sembra più così strano. E la società stessa sembra approvarlo senza problemi. La scena che si svolge all'esterno della metropolitana in questo caso è emblematica: le persone salgono e scendono le scale senza prestare attenzione a chi hanno di fianco, tutti con gli occhi chini sullo schermo del proprio dispositivo, dialogando con la propria IA come se il mondo esterno fosse un semplice sfondo senza importanza. Mondo esterno peraltro reso in maniera molto convincente, futuristico ma allo stesso tempo simile alle architetture più moderne, a testimonianza di quando l'intera vicenda sia collegata a noi. Almeno una citazione la merita anche la fotografia, ricca di colori caldi e vivaci, quasi che - come qualcuno ha giustamente detto - siano stati applicati i filtri di Instagram all'intero materiale girato.
Per una serie di rarissime di congiunzioni astrali, unite al premio ricevuto al festival di Roma (miglior attrice a Scarlett Johansson), in alcuni cinema italiani il film è stato distribuito in lingua originale. Partendo dal presupposto che ogni film straniero dovrebbe essere visto nella lingua in cui è girato e rendondomi perfettamente conto che questo non è sempre possibile, consiglio a tutti di sfruttare questa occasione, anche solo per gustare la voce di Scarlett Johansson, a mio parere assolutamente perfetta, dotata tra l'altro di una sensualità a dir poco strepitosa.

sabato 22 febbraio 2014

12 Anni Schiavo di Steve McQueen


A parte qualche cortometraggio, Steve McQueen si fa conoscere al pubblico nel 2008 grazie a "Hunger", dramma di grande impatto emotivo, in cui uno straordinario Michael Fassbender interpreta un detenuto dell'IRA nell'Irlanda del Nord, protagonista di un letale sciopeo della fame e vittima dei soprusi delle guardie. Dopo il grande e meritatissimo successo, nel 2011 il regista realizza Shame, altra grandiosa pellicola che consacra definitivamente Fassbender, premiato a Venezia con la Coppa Volpi. In questo caso la vicenda si svolge a New York e il personaggio principale è un uomo d'affari dipendente dal sesso che vive una vita solitaria ed isolata. Ok. Tutto questo per dire che Steve McQueen è un regista sapiente e capace, e che troppo pochi probabilmente conoscono. Almeno sino ad ora.
Siamo nel 1841 e la guerra di Secessione non è ancora scoppiata. Solomon Northup (Chiwetel Ejiofor) è un violinista di colore che vive nella contea di Saratoga a New York da uomo libero. Ha moglie e due figli e conduce una vita felice. Fino al giorno in cui incontra due falsi artisti itineranti che lo ingannano e fanno rapire. I suoi carcerieri poi lo privano dei documenti e lo deportano nella Louisiana. Venduto come schiavo, dopo una serie di vicissitudini, finisce a lavorare nei campi di cotone dello schiavista Edwin Epps (Michael Fassbender), tanto credente in Dio quanto brutale verso i propri lavoratori, vittime mute di indicibili soprusi.
Maestoso. Forse non è la parola più adatta a definire un film di questo genere ma è la prima che mi è venuto in mente una volta iniziati i titoli di coda. Del resto se ripenso alla bellezza della fotografia, al livello della recitazione e alla sapienza, all'eleganza e alla capacità della regia, continuo a ritenere che sia quella più consona. Senza incorrere nei classici spoiler, ci sono dei passaggi letteralmente in grado di togliere il fiato, sia per qualità tecnica, sia per impianto visivo, sia per carico emotivo. La scena dell'impiccagione credo sia uno dei momenti più alti di tutto il film. La telecamera rimane ferma per due/tre minuti costringendoti a guardare il corpo dell'uomo contorcersi mentre tenta di reggersi in piedi, i colori sono così carichi che inzi a sudare. Ti aspetti che da un momento all'altro arrivi qualcuno a tagliare la corda per porre fine alle sofferenze e invece l'uomo rimane lì, gli altri schiavi continuano il loro lavoro, il sorvegliante rimane ad osservare con il fucile in mano. Vorresti distogliere lo sguardo, dire al regista di cambiare scena. E invece no. Per oltre due ore lo spettatore viene costretto ad osservare impotente tutte le più brutali angherie a cui gli schiavi vengono sottoposti, a come il loro io viene distrutto pezzo dopo pezzo, a come le loro speranze vengono infrante. Pugno nello stomaco dopo pugno nello stomaco, senza filtri o falsi buonismi e soprattutto - e questa è una cosa che in pochi sono riusciti a fare - senza fornire facili vie di fuga. Non si tratta di uno di quei film che una volta visti ti lasciano andare a dormire con la coscienza a posto. No. Non è un mezzo di catarsi ma quasi un monito, per ricordarci di come l'ignoranza e la crudeltà possano trasformare l'uomo in animale. E da questo punto di vista il lavoro svolto da Fassbender (attore-feticcio?) è come al solito egregio. Esattamente come quello di Ejiofor, nei panni del protagonista. Il resto del cast è una corposa sfilata di divi più o meno famosi che stanno troppo poco in scena per essere degni di nota (Paul Giamatti, Benedict Cumberbatch, Paul Dano, Sarah Paulson e Brad Pitt sono i nomi più caldi).
Non so se l'Academy premierà o meno "12 anni schiavo". Come ho scritto poco fa, non è un film positivo, di quelli che ti lasciano con il sorriso sulle labbra, di quelli in cui i protagonisti sono eroi e i cattivi vengono sconfitti (le analogie con "The wolf of Wall Street" di Scorsese sono evidenti). Quello che posso dire con certezza e che si tratta di una pellicola eccezionale, che sfiora il capolavoro e che lascia un profondo segno.

domenica 2 febbraio 2014

The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese

 
Credo che Martin Scorsese sia uno dei pochissimi registi - viventi e non - a non avere mai sbagliato un film. Qualcuno può essergli riuscito meno bene ma nel complesso nessuno può essere definito brutto. Un esempio lampante è "L'età dell'innocenza", pesante e a lungo andare anche noioso ma superbo nella regia e nella resa scenica. Quando presenti, i difetti vengono sempre ampiamente compensati dai pregi. E, alla soglia dei 72 anni, con una carriera come la sua alle spalle, Scorsese realizza l'ennesimo, grandioso film.
Jordan Belfort (Leonardo DiCaprio) è un giovane broker che al suo primo giorno di lavoro perde il posto per un tanto improvviso quanto catastrofico crollo della borsa. Convinto dalla moglie a non gettare la spugna, viene assunto in un call center che si preoccupa di vendere alla povera gente azioni dal valore pressoché nullo. Grazie al suo stile aggressivo, alle capacità dialettiche e all'intenso uso di droghe (che insieme al sesso e al denaro costituisce il suo personale trio di passioni/ossessioni), in breve tempo riesce ad ottenere guadagni enormi. Insieme al suo amico/collega Donnie Azoff (Jonah Hill) e a pochi altri conoscenti mette in piedi una società che, con una fitta rete di truffe e raggiri, permette enormi guadagni. Guadagni che ben presto attirano le attenzioni di un implacabile agente FBI.
Lo dico subito: è un film immenso sotto tutti i punti di vista. A partire dalle durata: 180 minuti non sono una passeggiata per nessuno. Fortunatamente qui siamo al cospetto di grande cinema, dunque il minutaggio passa in secondo piano e non ci si accorge del passare del tempo. Questo succede grazie ad una regia maestosa e ad un ritmo che oserei definire forsennato. Non c'è un secondo di pausa, gli eventi si susseguono in maniera vertiginosa, i personaggi corrono a destra e sinistra, senza quasi avere il tempo di respirare. E lo spettatore in men che non si dica viene stordito e trascinato in questo irresistibile vortice di denaro, droga e sesso. Tutti questi aspetti sono mostrati in maniera piuttosto esplicita anche se con il tono 'leggero' della commedia. A tal proprosito è incredibile notare con che destrezza e abilità Martin Scorsese riesca a districarsi tra differenti generi cinematografici. Dato il risultato complessivo di altissimo livello pare impossibile che sia lo stesso regista di pellicole come "Shutter Island", tanto per citare una di quelle più recenti. E come in "Shutter Island", ecco l'attore feticcio di Scorsese, Leonardo DiCaprio, autore di una prova - ecco di nuovo il termine - immensa. Come accade molto spesso ultimamente, il personaggio di Jordan Belfort gli sembra essere stato cucito addosso e dimostra ancora una volta che quando si ha bisogno di una prova molto fisica, fatta di urli, salti e movimenti rabbiosi, DiCaprio - che naturalmente non vincerà l'Oscar - non ha attualmente eguali nel panorama mondiale (forse solo Joaquin Phoenix riesce a tenergli testa). Pochi altri infatti avrebbero potuto reggere tre ore di cinema sulle proprio spalle senza perdere colpi. E' interessante a questo punto notare come il rulo ricoperto da DiCaprio nel cinema di Scorsese ricalca un po' quello che fu di Robert De Niro, in un sodalizio che produsse vere e proprie pietre miliari della storia, il cui punto più alto rimane a mio parere "Toro Scatenato". Non dimentichiamoci però di altri capolavori, come "Quei Bravi Ragazzi" e "Taxi Driver". Le collaborazioni più recenti non sono ancora allo stesso livello ma i presupposti per fare altrettanto bene ci sono tutti. Tornando a noi, prima di proseguire non posso non citare anche Jonah Hill, l'unico attore e l'unico personaggio che riesce a non sfigurare di fianco al protagonista. Notevole e molto credibile poi la ricostruzione storica degli anni '80: non siamo ai livelli degli anni '70 di "American Hustle" ma considerando la cura maniacale di quest'ultimo non c'è davvero di che lamentarsi. Superiore invece la colonna sonora, sempre consona e ben amalgamata alla sceneggiatura.
Direi che le parole spese finora siano più che sufficienti a descrivere la mia ammirazione per quest'opera. Sono tre ore di grande cinema. Ci si diverte, si ride e si riflette. E si ammira un maestro all'opera.

sabato 11 gennaio 2014

American Hustle - L'apparenza inganna di David O. Russell


A distanta di diversi mesi dall'ultima recensione torno a scrivere in occasione dell'uscita dell'ultimo film di David O. Russell, acclamato regista di "The Fighter" e de "Il lato positivo", che questa volta ci porta nell'America di fine anni '70 quando l'F.B.I. mise in piedi l'operazione Abscam, volta a porre un freno alla corruzione dilagante nel Congresso degli Stati Uniti d'America.
Irving Rosenfeld (Christian Bale) è un piccolo truffatore che opera nel settore delle opere d'arte e dei prestiti finanziari, in coppia con la sua amante Sydney Prosser (Amy Adams). Amante per cui si dice pronto a lasciare sua moglie Rosalyn Rosenfeld (una grandiosa Jennifer Lawrence) ma non suo figlio adottivo. Tutto cambia quando si trova costretto a collaborare con l'F.B.I e in particolar modo con Richie DiMaso (Bradley Cooper), ambizioso agente con in testa l'idea di mettere in gabbia tutti i politici corrotti che riesce a trovare.
Nel vedere una pellicola del genere non si può che rimanere estasiati - almeno inizialmente - dalla maestosità della massa in scena. Tutto, dalle capigliature ai vestiti, dalle auto alle musiche, dalle posture ai temi trattati, è letteralmente in grado di riportarci nell'America degli anni '70 in cui la vicenda è ambientata e ogni aspetto è curato sin nei minimi particolari. In questa atmosfera così elegantemente riprotta è strutturata una sceneggiatura piuttosto divertente, ricca di passaggi degni di nota. Purtroppo, dopo un'impeccabile prima mezz'ora, questa assume un andamento altalenante, con alti e bassi piuttosto evidenti. Forse questo lo si sente anche per via della durata un po' eccessiva ma è innegabile che alcune parti non sono proprio ben orchestrate e amalgamate nell'insieme. Ironia della sorte (o abilità del regista/sceneggiatore), proprio quando le suddette parti cominciano a risultare fastidiose, ecco che scende in campo la grandiosa e bellissima Jennifer Lawrence, in grado, nei pochi minuti a lei concessi, di bucare letteralmente lo schermo con la sua moglie tradita e un po' scema, amante della bella vita ma costretta a casa con un figlio, unico legame - insieme alla sua abilità seduttiva - in grado di tenerla legata allasua unica fonte di reddito, il truffatore Irving Rosenfeld, interpretato da Christian Bale. Più che per la sua prova comunque di alto livello, l'ex Cavaliere Oscuro verrà però ricordato per il suo drastico cambiamento fisico che da palestrato incallito diventa quello di un panzone stempiato con grossi problemi circolatori (americano medio?). Anche Bradley Cooper e Amy Adams si dimostrano all'altezza della situazione anche se, come qualcuno ha detto, sembrano più su di una passerella di moda che su un set cinematografico. Anche a distaza di qualche ora dalla visione, ricordo i due più per gli abiti indossati, le scollature e le capigliature che per le scene che li vedono protagonisti. Da citare almeno anche la discreta prova di Jeremy Renner, nei panni del sindaco di origini italiane Carmine Polito.
A questo punto, la classica domanda: lo vado a vedere o no? Se avete letto un po' di recensioni in giro per il web vedrete che la maggior parte lo ritiene senza possibilità di appello un film pessimo o un capolavoro senza eguali. Come spesso accade, la verità sta nel mezzo: è un film che ha alcune innegabili pecche, tra cui un finale un po' troppo sbrigativo, ma solo l'impeccabile messa in scena merita senza ombra di dubbio una visione. E' tempo di lasciarsi trasportare negli anni '70.